Inidoneità alla mansione specifica tra obblighi del datore di lavoro e diritti del lavoratore
Nel mondo del lavoro, le condizioni psico-fisiche dei dipendenti possono cambiare nel corso del tempo, a causa, per esempio, del riconoscimento di malattia professionale, infortunio, altre ragioni mediche.
Quando un lavoratore diviene parzialmente idoneo (permanente o temporaneo) a svolgere la mansione specifica per cui è stato assunto, oppure inidoneo permanente per quella mansione specifica per cui è stato assunto, sorgono questioni delicatissime riguardanti sia gli obblighi del datore di lavoro sia i diritti del lavoratore. Entra in gioco il ruolo del medico competente? Ovvio! Il medico competente è un soggetto giuridicamente obbligato alla effettuazione degli accertamenti sanitari; deve svolgere il servizio di sorveglianza sanitaria che consiste nell’effettuare periodicamente visita medica ai dipendenti. Le visite possono essere: preventive, periodiche per ripresa del rapporto di lavoro dopo infortunio, per riconoscimento malattia professionale da parte dell’INAIL o tramite ctu tribunale, o per altre ragioni mediche.
Ad ogni modo non vi sono dubbi che una corretta attività di prevenzione di cui è responsabile il datore di lavoro, possa contribuire al non far emergere una malattia o problemi che compromettano l’idoneità dei lavoratori. Salute e sicurezza dei lavoratori in primis. Il medico competente, attraverso la sua diagnosi e il suo certificato, esprime un giudizio di inidoneità alla mansione specifica che può essere parziale o totale, può essere temporanea o permanente, e ne deve informare per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
La disciplina contenuta nel decreto legislativo 81/ 2008 stabilisce che il datore di lavoro ha l’obbligo di attuare le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano una inidoneità alla mansione specifica deve adibire il lavoratore, ove è possibile, a mansioni equivalenti anche in difetto a mansioni inferiori, garantendo però il trattamento corrispondente alla mansione di provenienza. Questo significa che il datore di lavoro dovrà verificare, a 360 gradi, se esistono altre mansioni disponibili a cui adibire il dipendente compatibilmente con il suo grado di infermità, in assenza, in extrema ratio, il datore di lavoro potrà anche procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Nella maggior parte di tali fattispecie, si verifica un contrasto molto forte tra il diritto alla salute tutelato a livello costituzionale dagli articoli 32 e 4 e dall’altro, il diritto alla libertà di impresa dell’articolo 41 della stessa costituzione. Ritenere legittimo il licenziamento del lavoratore nei casi di inidoneità sopravvenuta e definitiva alla mansione, sarebbe una soluzione azzardata, estrema ma allo stesso tempo non si può costringere il datore di lavoro a tenere in piedi un rapporto di lavoro dove la prestazione, dall’altra parte, può essere diventata in tutto o in parte impossibile, né tantomeno imporre ingerenze all’interno dell’assetto organizzativo dell’impresa.
Ovviamente a chiosa, ogni caso è a sé stante, va vagliato singolarmente. È bene, tuttavia, sempre indirizzarci verso gli “accomodamenti ragionevoli” tra obblighi del datore di lavoro e i diritti del lavoratore per inidoneità sopravvenuta.
Durante A. M. Cristina