Dimissioni volontarie…? Elemento ostativo per fruizione Naspi, precisazioni.

La Naspi dura la metà delle settimane lavorate nei 4 anni precedenti. Se un lavoratore, per esempio, ha lavorato 4 anni consecutivi per lo stesso datore di lavoro, in caso di licenziamento ha diritto a 24 mesi di Naspi. In tal caso, il datore di lavoro deve versare ticket licenziamento. Il contributo è previsto dalla Legge Fornero in misura pari al 41 % del massimale Naspi (stabilito anno per anno dall’Inps) per ogni mese di durata del rapporto di lavoro.

 Se invece il dipendente dà le dimissioni, il datore non deve nulla. Ma se, dopo le dimissioni, il lavoratore trova subito un nuovo impiego, anche solo di poche settimane, al termine di quest’ultimo non può tornare a prendere i 24 mesi di Naspi. Per rendere effettivo il meccanismo di fruizione dell’ammortizzatore sociale, il nuovo lavoro deve durare almeno 13 settimane, altrimenti, le dimissioni precedenti resteranno un elemento ostativo alla Naspi. Questa nuova regola vale per chi presenta la domanda di Naspi entro i primi 12 mesi successivi alle dimissioni.

Durante A. M. Cristina




Art.19 del DDL Lavoro: Dimissioni per fatti concludenti, al via la nuova procedura con qualche criticità

Il DDL Lavoro, reintroduce, nel nostro ordinamento le dimissioni per fatti concludenti. L’art.19 del DDL integra l’art. 26 del D.lgs. n. 151/2015. Il Legislatore dispone che, in caso di assenza ingiustificata protratta oltre i termini previsti dal CCNL o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a 15 giorni, il datore di lavoro dà comunicazione all’Ispettorato del Lavoro che ha facoltà di effettuare accertamenti, ed il rapporto si intenderà risolto per volontà del lavoratore e senza applicazione della procedura telematica. Salvo la possibilità per il lavoratore di dimostrare l’impossibilità di comunicare il motivo dell’assenza, per causa di forza maggiore o per fatti imputabile al datore di lavoro. L’onere della prova grava sul dipendente.

Tutto lineare? La norma presenta alcune criticità. La prima riguarda il tempo necessario per considerare il lavoratore come dimissionario. Esso non è uguale per tutti i settori di attività in quanto i contratti collettivi non sono tutti uguali e per le assenze ingiustificate, foriere di licenziamento, prevedono un numero di giorni diversi (ad esempio, il CCNL metalmeccanici del settore industria parla di oltre 4 giorni). Se, per ipotesi, la contrattazione collettiva non dovesse dire nulla (opinione poco realistica) occorrerebbe attendere il trascorrere di un periodo superiore a 15 giorni da configurarsi come assenza ingiustificata.

La seconda questione riguarda il ruolo dell’Ispettorato del Lavoro.

La comunicazione dovrebbe portare alla verifica della situazione legata alle dimissioni. Essa appare, nella sostanza, una formalità priva di riscontri effettivi a meno che verranno date poi le indicazioni operative. Il controllo da parte dell’Ispettorato sembrerebbe porsi nei termini di una possibilità e non di un vero e proprio obbligo procedurale. Alla luce di ciò, cosa dovrebbe fare, se ritenesse di intervenire, l’organo di vigilanza?

Dovrebbe vigilare sul lavoratore, convocarlo per accertarsi che le dimissioni, non effettuate con la usuale procedura telematica, corrispondano al vero, cioè che egli stesso non abbia giustificato l’assenza dal posto di lavoro per causa imputabile solo a lui? E, nel caso in cui accertasse, soprattutto nelle piccolissime realtà che è rimasto a casa perché il datore di lavoro, a voce, gli ha detto di non presentarsi più in azienda, quale sarebbe l’iter? Dovrebbe consigliare al lavoratore di impugnare la risoluzione del rapporto come licenziamento orale, portando in giudizio le prove della responsabilità del datore? Dovrebbe consigliare al lavoratore di effettuare un tentativo di conciliazione sul licenziamento orale? Sarà l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, l’organo deputato a fornire le indicazioni operative alle proprie articolazioni periferiche territoriali?

 In buona sostanza, con le dimissioni per fatti concludenti,  il datore di lavoro non pagherà più il contributo ticket NASpI licenziamento (Legge Fornero);  il datore di lavoro potrà trattenere, all’atto della erogazione delle competenze di fine rapporto, l’indennità di mancato preavviso se, appunto, non è stato lavorato; il lavoratore, essendo dimissionario e non licenziato, non potrà fruire della  NASpI che spetta soltanto nella ipotesi in cui il lavoratore abbia perso il posto involontariamente, attraverso il recesso del datore di lavoro o nelle ipotesi di dimissioni equiparate dal legislatore al licenziamento. Ovviamente la disposizione precisa che il rapporto di lavoro non si intenderò risolto se il lavoratore dimostrerà di essere stato impossibilitato a comunicare il motivo della sua assenza per causa di forza maggiore o per fatti imputabili al datore di lavoro.

Durante A.M. Cristina




Stress da lavoro, sì a diritto della tutela Inail?

Un’ importante sentenza apre la strada per il riconoscimento dell’origine professionale dello stress lavoro correlato. La pronuncia è della Corte d’Appello di Firenze che ha infatti riconosciuto la “costrizione lavorativa” come causa esclusiva di Malattia Professionale.

Gli ambienti di lavoro non sempre rispondono ai bisogni dei lavoratori in termini di benessere. Spesso sono presenti fattori di pressione legati a un eccessivo carico e a ritmi insostenibili che, nel lungo termine, possono avere conseguenze negative sulla salute dei lavoratori. Tra le problematiche maggiormente lamentate rientrano le malattie psicosomatiche, disturbi del sonno, ansia e depressione che causano disarmonia fra sé stessi e il proprio lavoro. E’ la patologia un po’ “figlia dei nostri tempi”.

Alcuni dei rischi che si sono rivelati più nocivi per la salute psichica dei lavoratori sono rappresentati dalla intensità e da orari di lavoro, ma anche dalle condizioni ambientali (rumorosità, posture viziate, etc) elementi che rappresentano un’altra importante sfida per la sicurezza e per la salute nei luoghi di lavoro. È importante sottolineare che la valutazione dello stress lavoro-correlato è parte integrante e fondamentale del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e deve quindi essere effettuata da tutte le aziende che ricadono nel campo di applicazione del D.Lgs. 81/2008 ma anche il DVR ha dei limiti che non prendono in (giusta) considerazione la parte psichica – psicologica del lavoratore.

Il caso esaminato in giudizio riguarda un lavoratore della grande distribuzione con ruolo dirigenziale da oltre 20 anni che, a seguito di reiterate vessazioni, pressioni e contestazioni disciplinari, messe in atto dai suoi superiori e protrattesi per anni, ha iniziato a manifestare disturbi psichici che lo hanno costretto a lunghi periodi di malattia. Da qui la decisione del lavoratore ad avviare la richiesta di riconoscimento del nesso causale all’Inail per malattia professionale. In fase amministrativa però, nonostante le evidenti condizioni di stress cui era stato sottoposto sul posto di lavoro, l’Inail ha ritenuto di dover rigettare la domanda. È stato pertanto necessario adire per vie legali. Si è arrivati alla sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale di Pisa accoglieva le ragioni del lavoratore riconoscendo l’origine lavorativa della patologia.

Il dispositivo della sentenza è stato successivamente confermato anche in secondo grado dalla Corte d’Appello di Firenze che, poiché non è stato impugnato dall’Inail, ha reso definitivo il riconoscimento. Questa sentenza rappresenta un grande passo in avanti per l’emersione dello stress- lavorativo come causa di danno prolungato nel tempo sulla salute del lavoratore. Quanto deciso dai giudici di merito di primo grado e secondo grado conferma che lo stress derivante dall’organizzazione del lavoro e dalle condizioni ambientali ad esso collegate, hanno conseguenze negative per la salute dei lavoratori. Lo stress può anche influire sull’attenzione del lavoratore durante lo svolgimento delle sue mansioni e quindi aumentare il rischio di infortuni.

I danni da lavoro che ne derivano sono ancora ampiamente sottostimati e spesso sono confusi con una qualsiasi malattia comune “tutelata” dall’ Inps. Ciò espone i lavoratori ad affrontare enormi difficoltà per l’ottenimento delle tutele Inail. Per il momento ci sono due sentenze, una di primo grado ed una di secondo grado; manca la “risposta di adeguamento” da parte dell’Inail ed un intervento normativo.

Durante A. M. Cristina




Esoneri disabili, nuova autocertificazione

Il Ministero del Lavoro ha introdotto una nuova applicazione online per richiedere esenzioni dall’assunzione obbligatoria di persone disabili, in vigore dal 3 ottobre 2024. Possono presentare domanda di esenzione i datori di lavoro con almeno 15 dipendenti se i loro lavoratori svolgono attività ad alto rischio, definite da un premio Inail pari ad almeno il 60 per mille.

L’esenzione prevede un’autocertificazione on line e il versamento al “fondo per il diritto al lavoro dei disabili” per ogni lavoratore disabile non occupato. L’autocertificazione deve essere presentata attraverso il portale “Servizi lavoro” del Ministero utilizzando l’identificazione Spid/Cie.

Il contributo è calcolato in 39,21 euro al giorno lavorativo per lavoratore disabile non occupato, per un totale di 2.587,86 euro al trimestre. I pagamenti vengono effettuati tramite il sistema PagoPA, con la prima rata dovuta al momento della presentazione dell’autocertificazione e le successive il giorno 10 del primo mese di ogni trimestre.

I datori di lavoro che già beneficiano di esenzioni a partire dal 1° ottobre 2024 dovranno presentare una nuova autocertificazione entro il 1° novembre 2024. In caso di variazioni della quota di esenzione, entro 60 giorni dalla variazione dovrà essere presentata una nuova autocertificazione. Il mancato pagamento del contributo comporta la perdita dell’esenzione e obbliga i datori di lavoro ad assumere lavoratori disabili entro 60 giorni dall’ultimo trimestre coperto. L’esenzione si applica solo alle province incluse nell’autocertificazione ed è valida per un trimestre, salvo variazioni.

Il nuovo sistema mira a semplificare i processi e a garantire il rispetto degli obblighi lavorativi per i soggetti disabili. I datori di lavoro dovranno utilizzare esclusivamente modalità telematiche per la presentazione delle autocertificazioni e la gestione delle esenzioni. L’iniziativa rientra in una più ampia riforma prevista dal dm 11 giugno 2024, che sostituisce la precedente normativa in vigore dal dm 10 marzo 2026. Il sistema prevede il calcolo automatico dei contributi di esenzione, semplificando i compiti amministrativi dei datori di lavoro. Questo sviluppo è in linea con gli sforzi volti a migliorare le opportunità di lavoro e i diritti delle persone con disabilità in Italia.

Iurlaro Maria Pia




Protocollo d’intesa Dfp – INAIL per personale della P.A.

“La cultura della sicurezza rappresenta un valore da coltivare e alimentare non solo nelle nostre organizzazioni, ma in ogni ambito delle nostre vite. Solo così possiamo finalmente parlare e diffondere una vera cultura del lavoro e del rispetto, perché anche solo una vita umana persa sul lavoro è una sconfitta per tutti noi, per il Paese. Il nostro compito è fare in modo che ciò non avvenga e il vero punto di svolta è quello di guidare le nostre persone attraverso una formazione mirata. Non esiste cambiamento senza formazione continua” (Zangrillo)

 

Il Ministro della Pubblica amministrazione e il presidente dell’Inail, hanno sottoscritto un protocollo d’intesa (Dipartimento della Funzione pubblica – INAIL) finalizzato a definire attività formative condivise per il rafforzamento delle conoscenze da parte del personale delle pubbliche amministrazioni. Punto centrale dell’accordo è la formazione di competenze comuni a tutti i dipendenti della Pa. In particolare, il Dfp si impegna a sviluppare la collaborazione su tematiche innovative di rinnovato approccio culturale e sulla cultura del lavoro, per rafforzare la cooperazione istituzionale sui temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

DURANTE A.M. CRISTINA




Esonero assunzioni disabili

I datori di lavoro che occupano almeno 15 dipendenti possono chiedere l’esonero dall’obbligo di assumere persone disabili in misura proporzionale alla forza lavoro (fino a 14 dipendenti non c’è obbligo). L’esonero spetta nei confronti degli addetti impegnati in lavorazioni a rischio elevato (Inail). Dal primo ottobre 2024 entrerà in vigore il dm 11 giugno 2024. Per fruire dell’agevolazione, il datore di lavoro dovrà presentare apposita autocertificazione per quanto concerne gli addetti, e versare al «fondo per il diritto al lavoro dei disabili» un contributo esonerativo per giorno di lavoro e per lavoratore con disabilità non occupato.

L’autocertificazione andrà presentata esclusivamente in via telematica per il tramite della banca dati del collocamento mirato, mediante compilazione dell’apposito format sul portale «Servizi lavoro» del Ministero del Lavoro accedendo con Spid/Cie e ogni altro strumento d’identificazione. In caso di mancato versamento del contributo, il datore di lavoro decadrà dalla possibilità di avvalersi dell’esonero, e sarà tenuto a presentare, entro 60 giorni dal termine del trimestre coperto dall’ultimo contributo, la richiesta di assunzione dei lavoratori con disabilità.

Qualora si dovessero verificano variazioni della quota di esonero, invece, la nuova autocertificazione, dovrà essere ripresentata entro 60 giorni dal momento della variazione. L’autocertificazione serve, spiega il Ministero, a quantificare il contributo di esonero dovuto che è pari a 39,21 euro per ogni giorno lavorativo e per ciascun lavoratore con disabilità non occupato e da versare per ciascun trimestre solare. Per convenzione la settimana si calcola in 5 giorni e il mese in 22 giorni; pertanto, il contributo dovuto per disabile non assunto è pari a 2.587,86 euro a trimestre. Solo a fronte del riscontro positivo sull’esecuzione del pagamento dalla piattaforma PagoPA, l’autocertificazione potrà essere considerata valida e di conseguenza, potrà decorrere il periodo di fruizione dell’esonero.

Durante A. M. Cristina




Infortuni e malattie professionali, dal primo ottobre nuova classificazione delle professioni

L’INAIL ha comunicato con un avviso sul sito istituzionale che dal primo ottobre 2024 è operativa la revisione della classificazione delle professioni (versione CP2021) ai fini della comunicazione di infortunio, denuncia/comunicazione di infortunio, malattia professionale e silicosi/asbestosi, e certificati di malattia professionale.

La classificazione delle professioni, curato dall’Istat, è uno strumento che consente di ricondurre tutte le professioni svolte nel mercato del lavoro in raggruppamenti secondo i criteri di competenza e conoscenza.

 La comunicazione di infortunio, la denuncia/comunicazione di infortunio, le denunce di malattia professionale e di silicosi/asbestosi, devono utilizzare le “Tabelle di decodifica dei dati”, dedicate a ciascun servizio online della “Denuncia infortunio”, “Denuncia malattia professionale” o “Comunicazione di infortunio”.

Durante A.M.Cristina




Un saldo positivo per l’Inail

Un saldo positivo per l’Inail. Nel 2023, l’Istituto ha registrato un avanzo di 3, 1 miliardi di euro. La Corte dei Conti ha recentemente criticato l’utilizzo dell’Inail come bancomat di Stato. Minoia, Segretario Generale del sindacato Confil, specifica che il bilancio è il più alto mai raggiunto e che contestualmente i fondi Inail, accumulati nel conto di Tesoreria dello Stato, superano i 41 miliardi di euro, in parte investiti in Titoli di Stato. La Confil ritiene necessario ed urgente utilizzare i fondi o parte di loro per la sicurezza, per programmi strutturali di prevenzione e formazione o ancora per l’assunzione di ispettori dal momento che l’Istituto è sottorganico. L’Inail deve investire in formazione ed infrastrutture e dal momento che, mancano progetti concreti, sostiene Minoia, gran parte del denaro finisce nelle casse del Ministero dell’Economia.

Durante A. M. Cristina




Sicurezza sul lavoro nelle scuole

(…)“L’introduzione delle conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nell’ambito dell’insegnamento dell’educazione civica è un’azione concreta che interviene sulla formazione per affermare l’importanza della cultura della sicurezza sul lavoro”.

L’Aula del Senato ha approvato il disegno di legge concernente la conoscenza di base in materia di sicurezza sul lavoro nelle scuole. Il testo, che aveva già ottenuto l’approvazione della Camera, dovrà tuttavia tornare a Montecitorio per alcune correzioni. Il provvedimento si propone di garantire la diffusione nelle scuole delle conoscenze fondamentali del diritto del lavoro e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Un aspetto innovativo è l’inclusione di testimonianze di vittime di infortuni, con l’obiettivo di “formare cittadini consapevoli di diritti, doveri e tutele del lavoratore”.

Stante al testo, la sicurezza rientrerebbe nelle ore di educazione civica, materia che conta attualmente su un monte orario complessivo di 33 ore all’anno, equivalente a circa un’ora a settimana. La limitazione temporale solleva dubbi sulla possibilità di trattare in modo approfondito tutti i temi previsti, inclusa la sicurezza sul lavoro.

Nonostante tali criticità, l’approvazione del disegno di legge rappresenta un passo avanti significativo nel tentativo di creare una maggiore consapevolezza circa la sicurezza lavorativa tra i giovani. L’inclusione di testimonianze di vittime di infortuni potrebbe rivelarsi efficace nel trasmettere l’importanza di queste tematiche.

DURANTE A. M. Cristina




Sentenza n.24950 settembre 2024, Ape Sociale

Secondo la Corte di Cassazione, sentenza n.24950 settembre 2024, nessuna norma subordina la concessione della prestazione APE SOCIALE all’effettiva fruizione dell’indennità di disoccupazione (Naspi).  La Corte, pertanto, respingendo il ricorso dell’Inps afferma il principio “che il diritto all’Ape sociale, in applicazione dell’articolo 1, comma 179, legge n. 232 del 2016, richiede –tra gli altri requisiti, uno stato di disoccupazione in capo al beneficiario, ma non postula che lo stesso abbia anche beneficiato dell’indennità di disoccupazione, prevedendo soltanto che, ove l’interessato abbia beneficiato della detta indennità, la stessa sia cessata”.

 

In modo più diretto: l’Ape sociale può essere richiesta ed ottenuta anche se non è stata fruita l’indennità di disoccupazione. Pertanto, ove evidentemente sia conveniente, è possibile dribblare la Naspi e accedere immediatamente all’Ape sociale. Ciò comporta che i disoccupati in questione potranno non fare domanda di Naspi, anche avendone teoricamente diritto, optando subito per l’Ape sociale con almeno 30 anni di contributi (30 anni di contributi per gli invalidi con invalidità pari o superiore al 74% e per i caregivers; 36 per i lavoratori addetti ad attività gravose; fanno eccezione alcune categorie di lavori gravosi indicate da un elenco del Ministero e dell’Inps per i quali il requisito contributivo è fissato a 32 anni ) e almeno 63 anni e 5 mesi di età.

 

La sentenza ammetterà all’Ape sociale anche quei soggetti, che non hanno i requisiti per la Naspi (per esempio: assenza del requisito delle 13 settimane di contributi nel quadriennio precedente la presentazione della domanda oppure per mancato rispetto del termine per la presentazione della domanda, i famosi 68 giorni). Resta fermo, il punto che, se si accede alla Naspi, l’Ape sociale potrà decorrere solo al termine della fruizione.

 

Durante A. M. Cristina