Ambiente di lavoro sano e sicuro tra i principi e diritti fondamentali OIL

L’Italia ha ratificato le Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ovvero la Convenzione n. 155 del 1981 e la Convenzione n. 187 del 2006.

La Convenzione n. 155 definisce i principi di una politica nazionale incentrata sulla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Essa richiede agli Stati di adottare un quadro coerente di leggi, regolamenti e prassi, di coinvolgere le organizzazioni rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro nella definizione delle politiche in materia, e di definire gli obblighi delle imprese nei luoghi di lavoro.

La Convenzione n. 187 fornisce ulteriori indicazioni su come sviluppare una politica nazionale in materia di prevenzione e su come avviare un circolo virtuoso di miglioramenti. Essa prevede la creazione di un organismo responsabile, meccanismi ispettivi e servizi di informazione e consulenza.

La ratifica di queste Convenzioni rappresenta un importante passo avanti per l’Italia nel campo della salute e sicurezza sul lavoro. Essa conferma l’impegno del Paese a garantire un ambiente di lavoro sano e sicuro per tutti i lavoratori.

Specifiche conseguenze della ratifica

La ratifica delle Convenzioni dell’OIL sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro comporterà una serie di conseguenze per l’Italia. In particolare, il Paese dovrà:

Adottare una legislazione nazionale che recepisca i principi e le disposizioni delle Convenzioni.
Creare un organismo responsabile per la promozione della salute e sicurezza sul lavoro.
Sviluppare meccanismi ispettivi efficaci per garantire l’applicazione della legislazione.
Fornire servizi di informazione e consulenza ai lavoratori e ai datori di lavoro.
La ratifica di queste Convenzioni è un impegno importante per l’Italia, ma anche un’occasione per migliorare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Maria Pia Iurlaro




Pensioni, tasso di rivalutazione dei contributi nel 2023

il montante contributivo, ovvero la somma di tutti i contributi versati dai lavoratori durante la loro carriera lavorativa, sarà rivalutato del 2,3% per le pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2024.

Si tratta dell’aumento più consistente dal 2009 e sarà dovuto alla crescita nominale del prodotto interno lordo (PIL) registrata negli ultimi cinque anni.

L’aumento del montante contributivo avrà un impatto positivo sulla pensione, in quanto andrà a incrementare la base di calcolo della rendita pensionistica.

In particolare, un montante contributivo di 100.000 euro al 31 dicembre 2022 varrà 102.300 euro al 31 dicembre 2023, ovvero 2.300 euro in più.

L’aumento del montante contributivo è una buona notizia per i lavoratori, in quanto rappresenta un riconoscimento del loro impegno previdenziale e andrà a migliorare le loro prospettive pensionistiche.

Maria Pia Iurlaro




Part time e bonus una tantum

Il bonus una tantum da 550 euro per i lavoratori part-time ciclico è stato esteso a tutti i tipi di part-time, non solo a quello verticale.

Inoltre, il bonus è stato rinnovato anche per il 2023, con le stesse condizioni del 2022.

Per poter richiedere il bonus, i lavoratori devono avere i seguenti requisiti:

essere titolari di un rapporto di lavoro part-time ciclico, a prescindere dalla natura (verticale, orizzontale o mista);
aver lavorato almeno un mese in modo discontinuo nel 2021 o nel 2022;
non essere titolari di Naspi, di un trattamento pensionistico diretto o di un altro rapporto di lavoro dipendente diverso da quello part-time ciclico.
Le domande per il bonus possono essere presentate all’Inps entro il 15 dicembre 2023.

In particolare, i lavoratori che non hanno presentato alcuna domanda per il bonus in precedenza devono presentare entrambe le domande, una per il 2022 e una per il 2023.

I lavoratori che hanno già presentato domanda per il bonus nel 2022 devono presentare solo la domanda per il 2023, a prescindere dall’esito della domanda precedente.

Maria Pia iurlaro




Visite fiscali, cambiano le fasce orarie

Il 3 novembre 2023 il TAR del Lazio ha annullato il decreto ministeriale n. 206/2017 che regola le fasce orarie di reperibilità per i dipendenti pubblici in malattia. Il decreto era stato impugnato da un sindacato perché ritenuto in contrasto con il principio di armonizzazione tra pubblico e privato, oltreché rispetto a fondamentali precetti di rango costituzionale.

In seguito a questa sentenza, l’Inps ha reso noto che, nelle more dell’emanazione di un nuovo decreto ministeriale, le visite mediche di controllo domiciliare per i dipendenti pubblici in malattia si terranno nelle stesse fasce orarie previste per i lavoratori privati, ovvero dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 di tutti i giorni, compresi domeniche e festivi.

Questa sentenza ha importanti conseguenze per i dipendenti pubblici in malattia. Innanzitutto, a partire dal 3 novembre 2023, non sono più tenuti a rispettare le fasce orarie di reperibilità previste dal decreto ministeriale n. 206/2017, ma quelle più favorevoli previste per i lavoratori privati.

In secondo luogo, la sentenza del TAR del Lazio potrebbe indurre il Governo a emanare un nuovo decreto ministeriale che armonizzi le disposizioni tra i settori pubblico e privato.

La sentenza del TAR del Lazio è un importante passo avanti per la tutela dei diritti dei dipendenti pubblici. Essa riconosce che i lavoratori pubblici hanno diritto a beneficiare delle stesse condizioni dei lavoratori privati, anche in materia di reperibilità in caso di malattia.

Maria Pia Iurlaro




CARTA DOCENTE, LA CASSAZIONE LA RICONOSCE AI PRECARI

Ci sono delle novità importanti sulla questione della Carta del docente al personale precario. Proprio di recente la Corte di Cassazione ha preso una decisione in tempi rapidi. L’istituto della Carta docente, precisa la Cassazione, va inserito nel contesto del sistema della formazione degli insegnanti ed il diritto-dovere formativo riguarda non solo il personale di ruolo, ma anche i precari, non essendovi nessuna distinzione in tal senso nella normativa vigente. Nell’attenta analisi della vicenda, la Corte ha confermato che anche i docenti precari hanno diritto alla Carta docente, precisando tuttavia che deve trattarsi di supplenti con incarico annuale (quindi con termine al 31 agosto) o di supplenti con incarico fino al termine delle attività didattiche (quindi con termine al 30 giugno). Altro dubbio sciolto dalla Suprema Corte, riguarda la natura giuridica dell’obbligazione del riconoscimento della Carta docente, con le relative conseguenze sul piano della prescrizione del diritto. Questo tipo di obbligazione è stata qualificata come obbligazione di pagamento di una somma di denaro condizionata dalla destinazione a specifiche tipologie di acquisti e non ad altri. Da ciò ne consegue che non è riconoscibile al docente una somma di denaro liquida in quanto, in questo caso, gli si darebbe un’utilità diversa da quella voluta dalla legge e ne verrebbe vanificato l’impianto normativo finalizzato. Altro interessante passaggio della sentenza, è quello in cui la Corte precisa che, poiché la Carta può comunque essere utilizzata nell’arco del biennio, da ciò ne deriva che, se anche, nell’anno successivo, a quel docente non fosse attribuita una supplenza, egli potrebbe ancora fruire di quanto accreditato in suo favore. Ciò è conseguenza del fatto che la cessazione della supplenza di regola non significa uscita dal sistema scolastico. Infatti, se il docente precario che, in una certa annualità, abbia maturato il diritto alla Carta, resti iscritto nelle graduatorie (ad esaurimento, provinciali o di istituto) per le supplenze e, eventualmente, riceva anche incarichi di supplenza, permane l’inserimento nel sistema scolastico che giustifica l’esercizio del diritto all’adempimento ed ancor più se poi egli transiti in ruolo. Al contrario, se un tale docente, dopo l’annualità in cui è maturato il diritto alla Carta, sia cancellato dalle graduatorie, il diritto all’adempimento cessa con tale cancellazione per fuoriuscita dal sistema scolastico. La Corte ha sciolto anche il dubbio del regime di prescrizione applicabile alla fattispecie, se cioè sia applicabile la prescrizione “breve” quinquennale o quella ordinaria decennale. Partendo dalla natura pecuniaria dell’obbligazione, e dalla particolarità che questo pagamento “di scopo” deve essere assicurato annualmente dal Ministero ai docenti che ne abbiano diritto, anche ai docenti precari andrebbe esteso lo stesso regime di prescrizione quinquennale valevole, anche in questo caso, per il personale di ruolo; diversamente, prosegue la Corte, si verificherebbe una discriminazione «alla rovescia», nel senso che al dipendente assunto a tempo determinato finirebbe per essere riservato un trattamento più favorevole rispetto a quello previsto per il lavoratore di ruolo. Invece, per i soggetti definitivamente usciti dal sistema scolastico, residuando per essi solo l’azione di risarcimento del danno, si applica la prescrizione decennale.

Durante A.M. Cristina




Concorso straordinario secondaria: valgono gli anni di servizio alla paritaria?

Il Ministero ha annunciato il via libera dall’UE per il concorso a cattedra straordinario e comunica di aver firmato il Decreto. In attesa della pubblicazione del bando, facciamo chiarezza su un punto fondamentale legato ai requisiti di accesso al prossimo concorso straordinario. In particolare, saranno sufficienti gli anni di servizio svolti alla scuola paritaria per accedere al prossimo concorso straordinario? Per il concorso straordinariovalgono i 3 anni di servizio svolti all’interno della scuolastatale.

 Coloro i quali non hanno svolto gli anni di servizio nella scuola pubblica, possonocomunque accedereal prossimo concorso straordinario con il requisito del titolo di studio e dei 24 CFUconseguiti entro Ottobre 2022.

Chi accede al concorso con tale requisito, nel caso in cui dovesse risultare vincitore, dovrà frequentare un percorso formativo, senza sbarramento e quindi con accesso diretto, per acquisire gli ulteriori 36 CFUche permetteranno di raggiungere i 60 CFU e ottenere l’abilitazione.

Il riferimento è ai nuovi percorsi universitari e accademici di formazione  docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado definiti con il DPCM di agosto. 

Durante A.M.Cristina




Personale ATA, al via i contratti aggiuntivi nelle regioni del Sud

Al via i contratti ATA aggiuntivi legati al Piano Agenda Sud, il progetto finalizzato a colmare i divari territoriali tra studenti. Dal 2 novembre i contratti possono essere inseriti sul SIDI con decorrenza dal 2/11/2023 al 31/12/2023. C’è possibilità di proroga fino al 15 aprile 2024, così come anticipato dalla bozza della legge di Bilancio 2024. I contratti a tempo determinato di personale ATA sono previsti dall’art. 10, comma 1 del DL 123/2023.Possono stipulare tali contratti solo le scuole delle regioni del Sud coinvolte nel Piano Agenda Sud (Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna, Basilicata e Molise) e che hanno segnalato la necessità di un’unità di personale aggiuntivo durante il monitoraggio aperto fino al 3 ottobre. In totale 1.828 unità aggiuntive, per lo più collaboratori scolastici (1.473) e circa 400 assistenti amministrativi o tecnici. Il personale ATA aggiuntivo viene assunto attingendo dalle graduatorie di istituto. Si tratta di supplenze brevi, al momento fino al 31 dicembre 2023 ma con la possibilità di proroga nel 2024.

Durante A. M. Cristina




MERITO ALLA CONFIL-FILPI PER ARCHIVIAZIONE PROCEDIMENTO DISCIPLINARE A CARICO DI UN DOCENTE

Piena soddisfazione per CONFIL-FILPI per l’archiviazione di un procedimento disciplinare, decisamente grave, nei confronti di un nostro iscritto, confermando che FILPI è costantemente accanto ai lavoratori per assisterli in maniera vigorosa. Descriviamo sommariamente l’accaduto.

Il Dirigente Scolastico di un Istituto della provincia di Bari aveva segnalato fatti, ritenuti di rilevanza disciplinare, all’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD), che sarebbero stati compiuti da un dipendente a tempo indeterminato, in servizio presso quell’Istituto scolastico. L’Ufficio per i procedimenti disciplinari, pertanto, aveva formalmente instaurato nei confronti del dipendente un procedimento, in virtù di alcune condotte del suddetto, ritenute in grave contrasto con le responsabilità, i doveri e la correttezza inerenti alla sua funzione ed alle finalità della comunità educante.

 Comportamenti, al centro del procedimento, altamente lesivi della dignità della persona, degli interessi e dell’immagine dell’Istituto scolastico, oltre che dell’immagine della Pubblica Amministrazione di appartenenza. Inoltre, considerato che – per la loro gravità e natura – gli eventi narrati sarebbero stati tali da far venir meno quel rapporto fiduciario integrante il presupposto indefettibile della collaborazione tra datore di lavoro e dipendente, le violazioni addebitate avrebbero potuto dar luogo a responsabilità di carattere disciplinare, sanzionabile ai sensi dell’art. 2119 c.c., costituendo giusta causa per l’interruzione del rapporto di lavoro.

Il dipendente, tesserato FILPI, è stato dunque convocato per essere ascoltato a sua difesa, dopo aver avuto accesso agli atti istruttori del procedimento e ricevuto copia della documentazione citata nell’atto di contestazione e posta a fondamento dell’avvio del procedimento disciplinare.

Esaminati gli atti, il dipendente si rendeva conto della gravità delle accuse formulate a suo carico, e chiedeva l’assistenza diretta di Giuseppe D’Ambrosio, Segretario Generale Nazionale FILPI.  Veniva articolata una difesa supportata da atti e dichiarazioni attestanti l’infondatezza delle accuse, presentata in sede di Audizione. Nella memoria difensiva, con relativi allegati, ricostruzioni, prove testimoniali, depositata appunto in sede di Audizione, veniva contestata la veridicità dei fatti. 

Pertanto alla luce delle dichiarazioni del dipendente e della documentazione agli atti prodotta, l’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari ha dovuto constatare che non vi erano   elementi idonei  a provare l’assunzione da parte del dipendente delle condotte  accusatorie, così come segnalate dall’atto di contestazione e che, pertanto, non vi erano  i presupposti  per ingiungere ad una declaratoria di responsabilità e l’assunzione di condotte non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione docente.    

Per i fatti, come sopra riportati e per le motivazioni in premessa indicate, è giunta l’archiviazione del procedimento disciplinare avviato nei confronti del dipendente.

Grande compiacimento e merito alla CONFIL- FILPI viene espresso dal dipendente e iscritti.

Giuseppe D’Ambrosio




Proroga CIGS: le aziende devono pagare il contributo addizionale

Le aziende destinatarie della proroga della cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per altri 15 mesi prevista dall’articolo 30 del decreto legge n. 48/2023 (cd. decreto lavoro) sono tenute al versamento del contributo addizionale.

Il contributo addizionale è una contribuzione aggiuntiva che deve essere versata dai datori di lavoro che ricorrono alla cassa integrazione, in misura variabile in funzione dell’intensità dell’utilizzo delle integrazioni salariali nell’ambito del quinquennio mobile.

Nel caso della proroga della CIGS, il contributo addizionale è dovuto anche se l’intervento è concesso in deroga a tutti i limiti di durata della cassa integrazione (complessivi e singoli), compreso quello che pone un vincolo alle sospensioni del lavoro entro un massimo dell’80% delle ore lavorabili nell’unità produttiva per cui si richiede il trattamento, nell’arco di tempo di cui al programma autorizzato.

La riscossione del contributo addizionale avverrà tramite la procedura “RACE” già in uso per i trattamenti a pagamento diretto. In particolare l’Istituto invierà ai datori di lavoro una PEC e/o una raccomandata A/R contenente la notifica della contribuzione dovuta con all’interno l’F24 precompilato per effettuare il pagamento. La notifica avverrà con cadenza mensile se è stata raggiunta la soglia economica minima di 50€ o un lasso temporale di sei mesi.

La proroga della CIGS è stata introdotta per salvaguardare i livelli occupazionali delle aziende interessate e, contemporaneamente, di garantire una tutela del reddito per i lavoratori coinvolti dall’intervento.

Maria Pia Iurlaro




SUPERVALUTAZIONE DEL SERVIZIO MILITARE E CIVILE

Nuova vittoria circa la supervalutazione del Servizio militare e civile. Anche il Tribunale di Marsala con Sentenza N.1832 del 2023, pubblicata ad ottobre, ha confermato nuovamente quanto indicato dalla Corte di Cassazione e da oltre 80 Tribunali italiani che hanno riconosciuto il dirittoa coloro i quali hanno svolto il servizio civile o militare a vedersi attribuiti più punti in graduatoria/e.

Dopo le vittorie ottenute innanzi alla Corte di Cassazione sulla supervalutazione del servizio militare e civile, continua il boom di sentenze di accoglimentosul riconoscimento dei 6 punti in graduatoria comeAta(il punteggio deve essere aumentato di 6 puntiper tutti profili per i quali si risulti essere inseriti in graduatoria) e di 12 punti nelle graduatorie Docenti.

Durante A. M. Cristina