Sei un dipendente, hai scoperto che il tuo datore di lavoro non ha versato i contributi previdenziali? Purtroppo, questa situazione può capitare e, sebbene possa sembrare un grave problema, esistono strumenti e tutele. Innanzitutto, cosa sono i contributi previdenziali? Somme pagate per finanziare una serie di prestazioni previste dalla legge. E sono obbligatori. La Costituzione, infatti, sancisce che per i lavoratori sono previsti adeguati mezzi di sostegno in caso, per esempio, di invalidità, vecchiaia, morte. Sei un dipendente? Come funzionano i versamenti contributivi? La parte di tua competenza, ti viene trattenuta in busta paga, ma è il datore di lavoro che deve versare sia quelli a suo carico che quelli a tuo carico, ed è quindi responsabile sia civilmente sia penalmente del versamento. All’ omissione o all’evasione contributiva, si applicano, in base alla gravità della inadempienza, sanzioni civili, amministrative, penali.
Per versare i contributi il datore di lavoro utilizza un particolare fascicolo elettronico chiamato Uniemens, che trasmette telematicamente, in un’unica volta, tutti i flussi contributivi e retributivi delle singole persone all’Inps. Per quanto riguarda le tutele IVS (Invalidità, Vecchiaia, Superstiti), il totale da pagare è pari al 33% della tua retribuzione imponibile e viene suddiviso in: 9,19% a carico tuo, trattenuto in busta paga e che puoi verificare nella busta paga; 23,81% a carico dell’azienda, che non vedrai nella busta paga. A questo 33%, poi, si aggiungono, le diverse percentuali che vanno a finanziare, in quota parte, per esempio: la cassa integrazione guadagni, cassa integrazione guadagni straordinaria, contributo integrazione salariale-fis, etc. In buona sostanza, queste percentuali, con piccole variazioni, vanno sempre applicate sulla retribuzione imponibile.
Vale la pena soffermarsi, soprattutto per IVS, su due elementi: minimale contributivo alias soglia minima stabilita dall’Inps, anno per anno, al di sotto della quale non si dovrebbe andare e il massimale contributivo, soglia oltre la quale l’imponibile contributivo “si azzera” e si paga solo la contribuzione minima sull’eccedenza. Per il 2025, il dato annuale, è pari a 120.607,00 euro. Ti abbiamo già anticipato che puoi trovare la contribuzione a tuo carico nella tua busta paga.
Non esiste una forma di busta paga uguale per tutti, ma spesso, queste informazioni, si trovano nella parte bassa del documento, riportate in questi modi oppure in forme similari:
Se il datore di lavoro ha omesso la contribuzione, è all’ente di previdenza che devi rivolgerti, il prima possibile, per segnalare questa irregolarità. La normativa italiana prevede un principio di “automaticità delle prestazioni” sancito dall’articolo 2116 del Codice Civile, che “protegge” il lavoratore anche in caso di omissioni. L’automaticità delle prestazioni è una delle poche regole dell’allora nascente sistema previdenziale italiano che fu ritenuta meritevole di collocazione nel codice civile del 1942. Secondo questa norma, le prestazioni previdenziali spettano comunque al lavoratore, anche se il datore di lavoro non ha versato i contributi dovuti.
Tuttavia, questa tutela non è sempre incondizionata, e ci sono alcuni aspetti pratici e giuridici che è necessario considerare. Un aspetto basilare: la prescrizione! Di norma la prescrizione, per effetto della Riforma Dini (l.335 /95) fa scattare appunto la prescrizione, per mancato versamento dei contributi previdenziali, in 5 anni. Invece se il lavoratore o i superstiti, hanno presentato denuncia all’Inps entro i 5 anni dall’omissione, la prescrizione si estende a 10 anni. Se ti accorgi del mancato versamento contributivo, sollecita il tuo datore di lavoro ma se la sollecitazione poi non produce risultati, sarà fondamentale rivolgersi all’INPS. Devi segnalare l’irregolarità per permettere all’ente di avviare la procedura legale di recupero dei contributi non versati. In questo modo, l’INPS potrà agire per il recupero forzato delle somme non versate e ristabilire la tua posizione contributiva. Oltre alla segnalazione all’INPS, hai anche la possibilità di avviare un’azione legale contro il tuo datore di lavoro per appropriazione indebita.
Questa strada, sebbene possa sembrare complessa, è una delle opzioni per assicurarti che i contributi vengano recuperati. La prescrizione dei contributi: cosa succede dopo cinque anni? Una volta trascorsi cinque anni, e nessuna denuncia è stata fatta all’INPS per permettere di interrompere i termini prescrizionali e fare in modo di recuperare i contributi, questi non possono più essere recuperati attraverso l’INPS. Ciò potrebbe causare preoccupazione, specialmente se stai pianificando il tuo futuro pensionistico. La legge italiana offre comunque una soluzione, anche in caso di prescrizione, attraverso l’istituto della rendita vitalizia. Tuttavia, per poter usufruire di questa tutela, è fondamentale dimostrare l’esistenza del rapporto di lavoro nel periodo in cui i contributi non sono stati versati.
Questa prova può consistere in contratti di lavoro, buste paga, libretti di lavoro, lettere di assunzione, qualsiasi altro documento che possa attestare la tua occupazione durante il periodo in questione. La rendita può essere richiesta dal datore di lavoro che vuole rimediare al danno causato al lavoratore; dal lavoratore o dai superstiti. In questi due ultimi casi, sarà il lavoratore o superstiti a pagare. Le regole sono le medesime del riscatto. Oltre alla rendita vitalizia, il lavoratore ha un’altra possibilità, in caso di prescrizione dei contributi, con omissione totale o parziale: può comunque agire contro il datore di lavoro per ottenere un risarcimento del danno sùbito. Questo danno si manifesta, per esempio, nella perdita totale o parziale del trattamento pensionistico che gli sarebbe spettato se i contributi fossero stati versati regolarmente. Potrà chiedere al datore di lavoro di risarcire la differenza tra la pensione che avrebbe percepito con i contributi versati e quella che effettivamente percepisce senza di essi, o addirittura il mancato diritto a pensione. Anche in questo caso, è necessario dimostrare l’esistenza reale del rapporto di lavoro e l’omissione.
Durante A.M. Cristina



